Prima era il software a divorare il mondo. Oggi è l'intelligenza artificiale (IA) a divorare il software.

I cliché, li conosciamo tutti: ogni azienda è una società di dati. I dati sono la risorsa più preziosa. Secondo gli esperti sono un fattore chiave di differenziazione competitiva. Una rivoluzione.

Nessuno nega che i dati abbiano un grande valore. È bene domandarsi però se questo valore sia intrinseco nei dati, se prescinda cioè dalle tecniche di estrazione, accesso e protezione utilizzate.

Non esistono dati errati, ma solo processi errati

Si potrebbe obiettare che un dato anomalo è il risultato di una domanda posta nel modo sbagliato o di un errore nella lettura dell'indicatore. I dati non hanno valore di per sé, il vero valore è da ricercarsi invece nei processi per acquisirli, trasformarli, gestirli e trarne effettivo beneficio.

In un contesto aziendale i team dovrebbero domandarsi se, quando semplificano l'accesso, la resilienza e la fruizione dei dati da parte delle applicazioni, stanno davvero sfruttando in maniera efficace e nuova le potenzialità dei dati.

O per meglio dire, dovrebbero chiedersi se dispongono dei servizi dati idonei per sfruttare questo potenziale.

Dallo storage ai dati

Mentre la richiesta di storage enterprise sembra crescere esponenzialmente, il settore ha superato gran parte degli ostacoli legati al rapporto prezzo/prestazioni dei metodi di storage tradizionali. Lo storage è considerato un mezzo per un fine, in cui l'effettivo valore delle applicazioni e dell'azienda è collegato ai servizi dati che sfruttano un'infrastruttura di storage sottostante.

Ogni giorno sentiamo aziende leader che ci raccontano di come vedono sfumare sempre più i confini fra i team di sviluppo e quelli che si occupano di infrastruttura, e di come introducono nuove figure, i data engineer ad esempio, che fungono da ponte fra i due mondi. Questi ruoli ibridi saranno cruciali nel percorso di approccio ai big data.

Come in ogni percorso, c'è uno scenario che ci stiamo lentamente lasciando alle spalle, uno che ci attende e un altro ancora che si staglia in lontananza. Per cogliere l'essenza di questo percorso, lo immaginiamo in termini di dati inattivi, dati in movimento e dati attivi.

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I tempi stanno cambiando

Un esempio emblematico sono i data scientist che, se fino a poco tempo fa erano relegati ai margini dell'azienda a formulare modelli teorici, oggi occupano una posizione di grandissimo rilievo nel panorama aziendale. Questa è l’era della Data Science. La sfida principale per i data scientist non è tanto l’aspetto scientifico del loro lavoro, quanto più la capacità di collaborare con i team per conseguire obiettivi comuni.

Anche la dualità dei servizi dati ha la sua importanza. I servizi dati northbound offrono una semplificazione per i team di sviluppo e di data science, persino per i Chief Data Officer (CDO), consentendo loro di orchestrare agevolmente grandi insiemi di dati non lineari. Grazie a questi servizi dati i team possono collaborare superando le barriere geografiche e aziendali. I servizi dati southbound consentono agli architetti dell'infrastruttura e agli amministratori dello storage di apportare modifiche durante il percorso per risolvere tutte quelle complessità, che sono invece invisibili agli occhi degli sviluppatori.

L'aspetto ancora più rilevante è che i servizi dati si prestano perfettamente a un ecosistema open source che sta alla base di una cultura aziendale open source. Nell'era moderna i leader IT vogliono la libertà di scegliere i componenti più efficaci per risolvere i problemi che si presentano loro di volta in volta, invece di dover gestire soluzioni categoriche, chiuse e monofunzione.

Sfrutta le potenzialità dei dati

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Sull'autore

Irshad Raihan is the Director of Product Marketing for Red Hat Cloud Storage and Data Services, responsible for strategy, thought leadership, and go-to-market execution. Previously, he held senior product marketing and product management positions at HPE and IBM for big data and data management products.

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